Nei primi del secolo dello scorso millennio, a seconda delle famiglie, si poteva parlare un dialetto di tipo sloveno o ladino (molto affine al tergestino e al muglisano) oppure, in quelle parti di popolazioni dedita agli scambi o ai commerci, si impiegava il veneto. Graduale, ma imponente, fu l’arrivo nel monfalconese di famiglie provenienti dal Veneto verso la fine del 1400, a seguito delle devastazioni arrecate dalle scorrerie delle armate turche: la parlata subì così una “venetizzazione”, pur mantenendo al suo interno numerosi elementi riconducibili al ladino. Il risultato finale fu che, nell’arco di un centinaio d’anni, le famiglie che ancora parlavano ladino o il dialetto sloveno si adeguarono alla parlata dei nuovi arrivati, arricchendola con molti termini particolarissimi che furono adottati e fatti propri anche da chi non era originario di queste zone. Dalla documentazione a disposizione si è riscontrata la scomparsa, a partire dalla metà del 1500, del ladino e dello sloveno, che lasciarono posto ad un linguaggio di tipo fondamentalmente veneto, ossia il bisiaco. Da allora nei paesi del monfalconese tutte le famiglie, comprese quelle trasferitesi da altre aree in questa zona in coincidenza con l’apertura dei Cantieri Navali agli inizi del secolo scorso, tendono ad integrare la loro parlata natìa con il linguaggio impiegato dalla maggioranza della popolazione locale, cioè il bisiàc, che diventa elemento di integrazione e connotazione identitaria.