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Palazzo de Grazia - della Torre - Medea

Descrizione

Il complesso si trova al centro del paese di Medea, un abitato ai piedi del colle di origini antichissime, e costituisce un interessante esempio di un’abitazione padronale trecentesca.
Il nome con cui oggi ci si riferisce alla villa è il risultato diretto dell’articolata storia che ha caratterizzato l’immobile nel corso dei secoli.
L’edificio viene fatto costruire nel XII secolo dal barone Francesco de Grazia, figura eminente di Medea; la villa resta poi in mano alla famiglia per diversi secoli ed è nota come villa de Grazia.
All’inizio del Novecento, alla morte dell’ultima discendente diretta, la baronessa de Grazia, la proprietà passa inizialmente al marito, il conte Luigi della Torre. Successivamente, alla morte di questi, il figlio eredita la villa materna oltre ai possedimenti della famiglia paterna collocati a Gorizia, Villalta e Cargnacco. Alla sua morte, in assenza di figli, la villa passa in eredità alla cognata Paola, contessa di Sibillich, diventata moglie del conte Lodovico della Torre Valsassina. È da questo momento in poi, dunque, che l’edificio di Medea è noto con il nome di Villa de Grazia, della Torre Valsassina, a commemorare le importanti famiglie che l’hanno posseduta.
Durante buona parte della sua storia la villa è stata legata ad un’azienda agricola che concesse lavoro a buona parte degli abitanti del paese. Durante i conflitti mondiali l’immobile subì alcuni danneggiamenti e fu, perciò, oggetto di una campagna di restauro conclusasi nel 1955. Attualmente l’edificio è proprietà della IACP di Gorizia che ha reso l’intera struttura abitabile.
La villa mantiene ancora oggi la sua originaria conformazione a forma di C: la struttura è infatti costituita da tre ali che si aprono attorno ad una corte centrale. Già dalla facciata è possibile evidenziare alcuni dei tratti tipici delle case padronali trecentesche. L’edificio è costituito da due piani sormontati da un sottotetto; la differenza di importanza e conformazione tra i diversi piani appare evidente osservando le finestre: il piano terra è caratterizzato da piccole finestre di forma quadrata; il primo piano, considerato il piano nobile, presenta invece delle ampie finestre rettangolari; mentre l’ultimo piano, il sottotetto, è caratterizzato da piccole aperture. Sulla facciata si apre poi un ampio portone decorato da una cornice in pietra bugnata. La facciata è, infine, decorata su un lato da una meridiana che riporta la data della sua creazione ovvero il 1874.

 Il corpo padronale, costituito da due piani e sottotetto, si affaccia su una piazzetta. La facciata, non simmetrica probabilmente a causa degli interventi subiti, ma che ricorda nel ritmo degli assi quello tipico delle case padronali, mostra finestre quadrate al piano terra, rettangolari al piano nobile e di dimensioni minori al sottotetto. Un ampio portone con cornice in pietra bugnata permette l’accesso all’atrio, sul quale si affacciavano il vano scale e le stanze di servizio; di qui si giunge alla corte interna chiusa sui lati da annessi rustici.

Il complesso fu costruito nel corso del XII secolo dal barone Francesco De Grazia, e tramandato agli eredi della famiglia fino al 1900 quando morì la baronessa De Grazia e la proprietà passò al marito, il conte Luigi della Torre. Il figlio ereditò, oltre alla casa di Medea, anche possedimenti a Gorizia, Villalta e Cargnacco, vendette questi ultimi due e per suo volere, non avendo figli, lasciò tutto alla cognata Paola, contessa di Siballich, di origini ungheresi, moglie del conte Lodovico della Torre Valsassina. La coppia adottò il conte Filippo Thurn Valsassina lasciandogli in eredità i loro averi che vennero tramandati al figlio conte Cristoforo insieme alle proprietà di Ziracco. La villa era legata a una fiorente azienda agricola che per molti anni diede lavoro agli abitanti del circondario. Sul retro della villa, confinante con la residenza della famiglia Franzoni, c’era un ampio brolo. Nel corso dell’Ottocento, come spesso avveniva tra le famiglie nobili, i della Torre Valsassina e i Franzoni si giocarono in una partita a carte il possedimento del terreno; vinsero i Franzoni che così poterono annettere il brolo alla loro villa, mentre la famiglia perdente conservò il mazzo di carte a Ziracco scrivendoci sopra «maledette carte!». Nel corso della prima guerra mondiale il complesso venne notevolmente danneggiato, successivamente venne ristrutturato e nel 1955 passò di proprietà allo IACP di Gorizia che trasformò il corpo dominicale e i rustici in appartamenti. Nonostante gli interventi è ancora leggibile la conformazione planimetrica a “C” dell’insediamento.

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