Prodotto dalle sapienti mani del fotografo triestino di origini pordenonesi Giovanni Cividini (1879-1959), il nucleo principale del fondo si compone di un cospicuo numero di negativi su lastra e pellicola rappresentanti l'attività del CNT di Monfalcone tra il 1920 e il 1950, ritraendo dettagliatamente l'epoca fascista sullo scenario del pieno sviluppo industriale ed urbanistico della città. Particolare cura è stata impiegata dal fotografo nella documentazione dell'espansione del villaggio operaio di Panzano: attraverso le lastre di Cividini è infatti possibile seguire le realizzazioni dei fratelli Cosulich, proprietari del cantiere, in ambito sociale, come l'albergo operai, quello impiegati, le ville, le case operaie, gli ambulatori medici, lo stadio, il teatro, le strutture scolastiche e per il tempo libero, edifici ancora oggi caratterizzanti la cosiddetta «città giardino di Panzano».
Il fondo è stato acquisito dalla fototeca del Centro Culturale Pubblico Polivalente (oggi Consorzio Culturale del Monfalconese) nel 1985 su donazione di Rolando Pangherz, titolare dello studio Rolli di Trieste, il quale aveva salvato dal degrado di un magazzino una copiosa quantità di lastre e pellicole (circa un migliaio) di mano del Cividini e, in minima parte, del suo collaboratore Mario Circovich. L'importante opera di recupero che ha interessato il fondo negli anni successivi, a cura di Gianpaolo Cuscunà, ha condotto alla valorizzazione del fondo attraverso lo studio, la catalogazione, la stampa a contatto, l'allestimento di una serie di mostre, la pubblicazione di alcuni volumi dedicati interamente all'opera del fotografo triestino e, più recentemente, la digitalizzazione dei suoi scatti e la catalogazione sul Sistema Informativo Regionale del Patrimonio Culturale del Friuli Venezia Giulia (SIRPaC).
Il contatto diretto con i familiari di Giovanni Cividini e un'accurata ricerca d'archivio a cura di Gianfranco Tedeschi e Giancarlo Brambilla, hanno reso possibile un'attenta ricostruzione della sua biografia, mettendo in luce il ritratto di un valente professionista e, per usare le parole del figlio Omero, "di una persona che ha manifestato la sua arte con modestia, onestà e laboriosità". Il riconoscimento del lavoro di recupero e valorizzazione operato dal CCPP da parte dei figli e dei nipoti del Cividini ha permesso, negli anni '90, l'ulteriore espansione del fondo con la donazione dell'album "Comina", creato dallo stesso fotografo con scatti propri e di altri autori ritraenti gli aviatori dell'aeroporto militare della Comina (PN) negli anni della Prima Guerra Mondiale, e di una serie di fotografie di famiglia, attualmente in corso di studio e digitalizzazione.
Biografia
Giovanni Cividini nasce a Trieste il 26 settembre 1879, terzultimo di otto figli, da Valentino, che esercita il mestiere di pasticciere, e Amalia Ret Castellan, originaria di Fanna (Pordenone). Ottimo violinista in gioventù, dopo aver frequentato il conservatorio senza concludere gli studi, intorno al 1895 trova impiego presso lo studio fotografico Manenizza, atelier sorto a Trieste intorno al 1880 e condotto, all'epoca del suo apprendistato, da Emilia Manenizza, con sede in Piazza della Borsa 11. Qui il giovane Cividini acquisisce ed affina le conoscenze che gli permetteranno prima di diventare il direttore dello studio stesso e poi, nel 1905, di aprire il suo primo studio con annessa camera oscura con l'aiuto dei fratelli Ettore, Carlo e Pietro, in via S. Spiridione 7 a Trieste.
In questa fase della sua carriera, i generi fotografici a cui si dedica di più sono i ritratti e il rilievo di edifici; è dell'ottobre 1905 infatti il primo importante incarico per conto della Direzione Centrale della Regione Adriatica della Lega Nazionale per la realizzazione del censimento fotografico degli edifici gestiti dall'associazione ed adibiti ad uso scolastico in un ambito territeriale molto vasto che andava dall'Istria a Gorizia. Tra i suoi numerosi viaggi, nel 1907 Cividini partecipa a due manifestazioni espositive internazionali tenutesi a Parigi e Madrid, ottenendo in entrambe le occasioni un riconoscimento per le opere esposte, rivelando il suo costante interesse per l'evolversi dell'"arte fotografica" sul piano internazionale con una certa predisposizione per le tecniche e i processi messi a punto in area germanica. In effetti, nella prima metà degli anni '10, in seguito al matrimonio con Mercedes Altan (1908) e alla nascita dei figli Omero (1909) e Nerea (1911), il Cividini si afferma come uno dei più noti professionisti di Trieste, aprendo un nuovo studio in Via San Nicolò 34, presso Palazzo Terni, e dotandosi di alcune vetrine site in piazza della Borsa entro le quali sono visibili i suoi "ritratti artistici". In questo periodo lo studio ospita le riunioni di un gruppo di amici del fotografo, tra cui musicisti, pittori ed attori di orientamento irredentista, molto attivo nella Trieste degli anni immediatamente precedenti la guerra.
Nell'imminenza dell'intervento italiano nel primo conflitto mondiale egli, per sottrarsi all'internamento (di cui sarà vittima il fratello Nicolò), varca difficoltosamente il confine a Cormons, stabilendosi prima a San Vito al Tagliamento e poi a Pordenone, dove aprirà un piccolo studio in via G.B. Damiani, lasciando lo studio di Trieste a una cognata sposata con un ufficiale austriaco. Nei primissimi anni della Grande Guerra, grazie ad alcuni clienti (tra cui i tenenti piloti Pagliano e Gori) comincia a frequentare l'aeroporto della Comina di Pordenone dove esegue alcuni scatti (raccolti nell'album "Comina") ed entra in rapporti con Gabriele d'Annunzio, il quale gli commissionerà una serie di raritratti fotografici che incontreranno il suo particolare apprezzamento; nel 1927 il Vate così ringrazia il fotografo: «Caro Cividini, ricevo le fotografie. Sono tuttora le migliori; perchè ritraggono la parte migliore di me, che è il cranio». Nel 1917, in seguito a Caporetto, viene richiamato alle armi ed arruolato nel corpo della Sanità Militare, in un reparto di radiologia, prima in un ospedale da campo poi all'ospedale Sant'Orsola di Bologna, dove si trasferisce assieme alla famiglia presso il marchese Cavalieri, conosciuto alla Comina. La preziosa documentazione di questo periodo conservata dal fotografo, consistente in una serie di lastre rappresentanti gli interventi eseguiti dall'unità sanitaria presso la quale era arruolato, è andata perduta durante la seconda guerra mondiale.
In seguito alla guerra, dopo aver aperto uno studio a Bologna in via d'Azeglio e averlo mantenuto fino al 1924, Cividini fa ritorno a Pordenone, dove apre un nuovo studio in Via Vittorio Emanuele III. È in questa fase che Cividini realizza i primi lavori di fotografia industriale operando su incarico del Cotonificio Amman-Veneziano, per la Galvani ed a Cordenons per il Cotonificio Scaramelli. All'inzio degli anni venti ottiene i primi incarichi di lavoro del CNT di Monfalcone, spesso in collaborazione con l'ing. Fornasir per illustrare le diverse fasi della realizzazione di Panzano. Dopo il primo conflitto mondiale, il fotografo tornerà ad operare anche a Trieste su incarico del CNT, documentando, tra l'altro, alcuni importanti avvenimenti come la visita del re in città (1927) i cui scatti gli varranno un riconoscimento dal Ministro della Real Casa De Sanctis. Nel giugno del 1931 la committenza del Cantiere acquista tale rilevanza da indurlo a trasferirsi con la famiglia a Panzano, in via Cosulich 105. Nello studio, situato all'ultimo piano dell'edificio dove risiede, allestisce una sala di posa con salottino d'attesa , una camera oscura ed un laboratorio dove lavorano le ritoccatrici Maria Cimpellin e Antonietta Morin. Negli anni tra il 1922 e il 1927, inoltre, partecipa a una serie di Esposizioni specializzate in fotografia industriale (Parigi, Torino, Venezia, Roma), aggiudicandosi dei premi per i propri lavori.
Questo periodo, particolarmente fecondo per la sua carriera, si conclude con lo scoppio della Seconda Guerra Mondiale, fase in cui il suo archivio subisce i maggiori danni. Costretto a trasferirsi a San Vito al Tagliamento nel dicembre del 1942, aprirà nell'immediato dopoguerra uno studio con annessa vendita di articoli fotografici in piazza del Popolo, nella cittadina del pordenonese. Il suo rapporto con il CRDA, e in particolare con le Officine Elettromeccaniche, continua, seppur con sempre minore intensità, fino al momento in cui viene costituito il "Reparto Fotografia" del Cantiere, negli anni '50. Benchè ormai piuttosto anziano, segue ancora un corso a Milano sulla fotografia a colori. Conclude nel 1957 la sua attività a San Vito, trasferendosi a Trieste dove muore il 18 dicembre 1959 all'età di ottantun'anni.
Bibliografia
Cantiere di Vetro: Monfalcone 1920 – 1940. L'attività fotografica dello studio Cividini. Fabio Amodeo, Enrico Cernigoi, Lucio Fabi, Massimo Schiavo, ARTI GRAFICHE FRIULANE, 1994
Ombre sulle Nuvole. Aviatori Italiani nella Prima Guerra Mondiale. Fabio Amodeo e Gianpaolo Cuscunà. Art& srl. 1990
Oltre lo Sguardo. Fotografi a Gorizia prima della Grande Guerra. Consorzio Culturale del Monfalconese e Fondazione Cassa di Risparmio di Gorizia. 2014
Bel Vedere. Percorsi nella fotografia di paesaggio. Claudia Colecchia, Roberto Del Grande, Alvaro Petricig. 2016




