La coltura del Granoturco

L'utilizzo di ogni parte

Per le famiglie contadine il granoturco era un cereale di fondamentale importanza. Esso infatti, era alla base della loro alimentazione con la polenta, ma in realtà il suo uso e consumo era molto più radicato. Della pianta del granoturco non si gettava via nulla: la pannocchia poteva essere mangiata intera oppure, una volta sgranata, i chicchi venivano macinati per la farina o usati interi da dare agli animali dell’aia. Il tutolo era usato per accendere il fuoco mentre il fusto della pianta, ridotto in pezzi, formava la lettiera dei bovini o andava a comporre la copertura di tetti. L’uso di consumare polenta in grandi quantità significava un mancato apporto di alcuni principi nutritivi fondamentali. La pellagra così divenne ben presto, sin dalla seconda metà del Settecento, una malattia molta diffusa soprattutto in certe regioni, in primis in Veneto. Inizialmente alcuni scienziati, tra cui Cesare Lombroso, ipotizzarono la presenza di una tossina all’interno del granoturco, teoria questa smentita da ulteriori studi che decretarono una dieta sana e varia come unico fattore determinante per la prevenzione di questa condizione patologica.

L'invenzione delle macchine

La grande diffusione di questa coltura determinò la necessità di costruire utensili per agevolare il lavoro manuale come la sgranatrice manuale, immancabile nelle famiglie contadine di un tempo. É una in lamina di ferro di forma ellittica con due fila di denti paralleli con cui i contadini, con movimenti rotatori, asportavano abbastanza velocemente i chicchi dal tutolo.
Questo lavoro era solitamente svolto dai più giovani assieme ai più anziani mentre gli uomini erano nei campi e le donne affaccendate nei mestieri di casa. In realtà questo fu solo il primo di diversi modelli di sgranatrice che si avvicendarono nel tempo al fine di facilitare sempre più il lavoro delle famiglie contadine. Negli anni comparve un modello provvisto di manovella, ruota dentata e addirittura un piccolo sedile. In seguito si perfezionò anche quello compatto che permetteva, stando in piedi, di inserire le pannocchie nella parte superiore e di raccoglierne i chicchi in basso sgranando anche due pannocchie contemporaneamente.


Riferimento bibliografico:
La vita familiare nell’ambiente contadino del territorio di Farra d’Isonzo
Il Museo di Documentazione della Civiltà Contadina di Colmello di Grotta”, a cura di Daniela Lorena Fain, Edizioni della Laguna, Comune di Farra d’Isonzo


fonte immagini: 
Fondo "Museo di documentazione della civiltà contadina di Farra" presso Consorzio Culturale del Monfalconese 

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